Giulio Caccini

 

N E L L A   A N F U S O   I N S E G N A   G I U L I O   C A C C I N I
N E L L A   A N F U S O   T E A C H E S   G I U L I O   C A C C I N I
 

"(...) ella è padre di nuova maniera di musica, d'un cantar senza canto,

o più tosto d'un cantar recitativo nobile, et non popolare che non tronca,

non mangia, non toglie vita alle parole, non l'affetto, anzi glielo

accresce, raddoppiando in loro spirito, e forza.

È dunque invention

sua questa bellissima maniera di cantare".

(Lettera di Angelo Grillo a Giulio Caccini -1601)

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"(...) you are the father of a new style of music, of a manner of singing

"Cantar senza canto" (without melodic excesses) or better, of a noble

recitative, not popular, which does not break the words or drop the

syllables, does not deprive words of life or expression but rather increases

the latter doubling in them spirit and strength.

Such manner of singing

is no doubt your own invention".

( Letter from Angelo Grillo to Giulio Caccini -1601)

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Sprezzatura  Rinascimentale

 

Agli inizi del Cinquecento il Castiglione esalta la qualità, nel perfetto cortigiano, dell’Arte di fare apparire la virtuosità (ad esempio nella danza, nella scherma, nella musica etc.) la più semplice e naturale delle azioni umane. È l’arte del nascondere l’arte. Ma è il contemporaneo approfondimento del Platonismo in ambito poetico e musicale che dà nuovo significato al termine. È il “cantar senza canto”, come scrive, ammirato, Angelo Grillo a Giulio Caccini nel 1601: “Ella è padre di nuova maniera di musica, d’un cantar senza canto. O più tosto d’un cantar recitativo nobile, et non popolare. (..) È dunque invention sua questa bellissima maniera di cantare”. È a Firenze che tutto avviene. Firenze è la città che ha riscoperto prima, e salvato e divulgato poi, il Platonismo in Occidente. È a Firenze che uno studioso del platonismo, Giovanni De’ Bardi, dedica un voluminoso “Discorso mandato a Giulio Caccini sopra la musica antica, e ‘l cantar bene”. Sul piano pratico il Bardi scrive: “Cantandosi solo, o su liuto, o gravicembalo, o altro strumento, si puote a suo piacere la battuta stringere, e allargare, avvenga che a lui stia guidare la battuta à suo senno”. Caccini raccoglie il testimone bardiano più puro nella Firenze di Ferdinando I de’ Medici, sostenitore ammirato della novità fiorentina nell’arte musicale. Ecco alcune espressioni del Caccini: “Quest’arte non patisce la mediocrità”(..)“avvenga che nobile maniera sia così appellata da me quella, che va usata, senza sottoporsi à misura ordinata, facendo molte volte il valor delle note la metà meno secondo i concetti delle parole, onde ne nasce quel canto poi in sprezzatura, che si è detto”(..) Senza misura quasi favellando in armonia  con la suddetta sprezzatura”. Ancora nel 1614 Caccini scrive: “Tre cose principalmente si convengon sapere da chi  professa di ben cantar con affetto solo. Ciò sono lo affetto, la varietà di quello e la sprezzatura”.

La raffinatezza tecnica del nuovo canto deriva direttamente dal nuovo ideale culturale ed artistico che rivoluziona l’arte musicale sul finire del sec. XVI. Ciò non riguarda solo la vocalità. Le varie Prefazioni alle pubblicazioni vocali si occupano anche di: a) questioni estetiche (Prefazione alla “Euridice” di Jacopo Peri etc.) b) considerazioni sulla semiografia per quel che riguarda le alterazioni (Peri, Emilio del Cavaliere, Domenico Mazzocchi, Marco da Gagliano etc.) c) questioni armoniche circa la realizzazione del Basso Continuo d) l’uso delle dissonanze (Peri etc.).

Che il canto di cui parla Caccini sia il vertice dell’arte espressiva e che tra esso ed i cantori ricordati, ad esempio, da Lodovico Zacconi (cfr. Prattica di Musica, Venezia 1592) esista un abisso, è dimostrato dalle precisazioni tecniche presenti nella Prefazione cacciniana alle Nuove Musiche (Firenze 1601). Ecco un esempio concernente una Esclamazione cacciniana: “ho trovato essere maniera più affettuosa lo intonare la voce per contrario effetto all’altro, cioè intonare la prima voce scemandola, però che l’esclamazione, che è mezzo più principale per muovere l’affetto: et esclamazione altro non è, che nel lassare della voce rinforzandola alquanto.” Le esclamazioni sono varie ma sempre legate a situazioni psicologiche “affettuose”. Scrive Caccini “L’esclamazioni si possono sempre usare in tutte le minime e semiminime col punto per discendere (…) nelle semibrevi (…) harà più luogo, il crescere e scemare della voce senza usare le esclamazioni”. Perciò che concerne il Trillo esso si ottiene utilizzando la stessa nota, differenziandosi così dal Gruppo che utilizza due note.

Caccini è il primo, fra gli scrittori di problemi vocali, che affronta con termini e con visione realistica il problema “respirazione”. Nemico delle voci “finte”(i Falsettisti) egli basa completamente la realizzazione tecnica-vocale sull’uso appropriato della respirazione. “ (…) poiché sono tanti gli effetti da usarsi per l’eccellenza di essa arte, ne è tanto necessaria la buona voce per essi quanto la respirazione del fiato per valersene poi, ove fa di mestieri (…) di essa è pur necessario valersi per dare maggiore spirito al crescere e scemar della voce, alle esclamazioni, e tutti gli altri effetti, che abbiamo mostrati”.

Il Caccini è un caposcuola non solo a Firenze ed in Italia ma anche in Europa: è ammirato da Père Mersenne che lo indica come modello da imitare.

L’influsso cacciniano è enorme in tutta Italia. Sono suoi seguaci: da Ottavio Durante a Domenico Mazzocchi, da Francesco Severi a Marco da Gagliano, da Sigismondo D’India a Francesco Rognoni e tanti altri.

La sprezzatura, che è legata al Platonismo e scomparirà con la generazione geniale dei Peri, dei Caccini, dei Monteverdi, etc., non ha niente a che vedere con il “rubato” di cui parlano Tosi e Mancini nel Settecento. La Sprezzatura Bardiana è predominio della parola sul linguaggio musicale: quindi è libertà verbale in quanto fonema e si ricollega al Melos greco più antico in cui non esisteva uguaglianza fra una lunga e due brevi.

Il Divino Claudio ha scritto:“porterà le pronuntie a similitudine delle passioni dell’oratione”.

Nella Anfuso

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